Continua la storia: Carlo.

 Le mie ultime ore 

C’era   un sole che spaccava le pietre quando sono uscito di casa quella mattina per andare al caffè dove  avrei incontrato i miei compagni di lutta contro l’oppressione.

Dopo essere arrivato ho visto che lì non c’era nessuno ancora. Mi sono seduto e ho chiesto una birra al cameriere. 

Avendo appena cominciato a bere, sono arrivati quattro poliziotti che mi hanno ammanettato e portato via per farmi salire su un'auto nera con destinazione ignota. Mi hanno portato a una cella dove soltanto c’era un materasso sporco e un lavandino senza rubinetto per avere l’acqua per rinfrescarmi un po’ per alleviarmi dal caldo.

Quando la sete e il caldo sono tornati insopportabili, ho chiamato gridando a qualcuno che potessi ascoltarmi per sapere che sarebbe di me, quali crimini avevo commesso e se mi potessero portare un po’ d’acqua da bere.

Nessuno mi ha risposto. Mi sono addormentato e dopo avere cominciato a sognare con un bel bagno in un fiume imaginario, due uomini mi hanno svegliato e mi hanno domandato i nomi e gli indirizzi dei miei compagni. Dopo avermi dato un sacco di colpi mi hanno detto che tra due ore mi avrebbero fucilato se io non collaboravo.

Se ne sono andati via e io ho cominciato a ricordare tutta la mia vita. Non ho voluto piangere per non dare ai miei carnefici il piacere di vedermi affondato.

Un uomo gentile è venuto e mi ha offerto un’ultima sigaretta.

Poi è entrato il boia e me ne sono andato con lui…


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